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Un Locus amoenus senza idillio: la Zara di Tiziano Scarpa

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Tiziano Scarpa
Discorso di una guida turistica di fronte al tramonto.
Govorancija turističkog vodiča pred zalaskom sunca.


Traduzione di Snježana Husić
Venezia Mestre, Amos Edizioni, 2008

pp. 107
€ 13.00

Poesie dedicate al paesaggio? Ne abbiamo ormai a bizzeffe. Ma, se a raccontare in poesia c’è la voce di un autore come Tiziano Scarpa, che sceglie di assumere il punto di vista di una guida turistica nella bellissima Zara, allora le aspettative salgono, così come la curiosità.
Contrariamente a quanto si possa credere, lo sguardo della guida turistica non è estatico, ma spesso cinico e disincantato: cerca di prendere le distanze dalla bellezza del panorama, per prestare attenzione alla cieca e omologata attenzione dei turisti, o ai dettagli che nessuno nota, perché occupati a guardare altrove. Le stesse attrazioni turistiche non incantano più la guida, abituata a guardare oltre la mera apparenza, e annoiata dalla ressa entusiasta e vociante dei suoi clienti: «Non c’è nessuno. Siamo noi che siamo/ venuti in troppi. E tutti quanti vogliono/ collaudare l’avamposto romantico. // Ma la panchina è piccola. // Mettetevi in fila e non fate chiasso,/ che chi siede ha diritto/ al suo sgomento solitudinario/ di fronte all’infinito/ per almeno un minuto. // Prima finiamo, prima andiamo a cena» (da La panchina, p. 43).
Alla bellezza contemplativa, viene preferita dalla guida una bellezza che inneschi qualcosa nell’animo umano, secondo il principio che «La bellezza fa fare. Fa reagire» (da L’organo marino, p. 59).
Così dietro all’idillio del lungomare, c’è una realtà industriale decadente e vuota; e ancora, un museo cerca di conservare i cocci di una civiltà in progressiva dispersione. Con una costante attenzione toponomastica e quasi “topografica”, la guida continua il giro turistico, portando con sé il principio che «qualunque assioma, tesi,/ sillogismo, trattato,/ verranno sottoposti a dura critica./ Dovranno dimostrarsi/ all’altezza di questo panorama» (da La facoltà di filosofia, 1, p. 53). Una sfida alta, dunque, far sì che il ragionamento si appai al lungomare di Zara e, soprattutto, non sembri contraddirlo.

La sperimentazione scelta da Tiziano Scarpa per questa raccolta di poesie non è interessante solo per i contenuti, ma anche per un’insolita scelta linguistica: ogni poesia si presenta in una doppia veste, italiana e in lingua locale, grazie alla traduzione di Snježana Husić. E diventa difficile, se non impossibile, scegliere quale sia la traduzione e quale l’originale: sembra piuttosto che le due lingue siano profondamente intrecciate. Così il croato sembra aver generato le poesie, e l’italiano averle comunicate.

Qui e là, più che poesie potremmo pensare ad appunti di una verità che appare dietro alla semplice realtà sensibile. Se non fosse per la versificazione, l’andamento narrativo e a tratti ragionativo ci permetterebbe di pensare a riflessioni di viaggio. Ritmo e attenzione fonica non sono tra le primissime priorità di Scarpa: in Quasi italiano, ad esempio, viene di gran lunga preferita l’attenzione linguistica, l’accostamento di parole italiane simili ad altre in croato.

Ci allontana dall’ipotesi degli appunti di viaggio la frequente (quasi costante) scelta allocutoria: in veste di guida turistica, l’io lirico chiama più volte in causa i turisti, con un “voi” generico, a tratti quasi violento. Ma non tutto il “discorso” sembra rivolto agli sconosciuti stranieri: piuttosto, molti versi sembrano degli efficaci ‘a sé’ teatrali, monologanti. Ben si sposa questa scelta con l’obiettivo più profondo del viaggio, affidato agli ultimi testi, tra cui: «Leggendo un libro che parla del mondo,/ inaspettatamente/ ho imparato qualcosa su di me.// Chissà che un’altra volta/ non mi capiti invece/ che studiando il mio caso/ riesca a capire qualcosa del mondo» (da Un fatto personale, p. 99).

GMG